Alberto Poggio, commissione tecnica sulla Torino-Lione. «I fondi sono a disposizione per il periodo 2014-2019 a copertura di attività da completare entro il 2019. Una condizione impossibile da rispettare» Alberto Poggio
Maurizio Pagliassotti Edizione del 06.03.2019 Pubblicato 5.3.2019, 23:58
Alberto Poggio è uno dei tecnici di riferimento del movimento da Notav. Ingegnere, fa parte della commissione tecnica sulla Torino – Lione dei comuni della Valle di Susa e del Comune di Torino.
Professore,
l’Italia sta per perdere trecento milioni perché volete bloccare il Tav?
Tutta la discussione in atto si basa su un presupposto inesistente: non vi è
alcuna necessità o urgenza di lanciare alcun tipo di bando. Da giorni
imperversa questa storia sulla base di presunte richieste della Commissione
europea che minaccerebbe la revoca di contributi. Voglio essere chiaro: i
trecento milioni di cui si parla sono già di fatto persi e non potranno essere
recuperati in nessun caso.
Un’affermazione
impegnativa
I fondi al centro dell’attuale discussione sono stati messi a disposizione per
il periodo 2014-2019. Si tratta di contributi a parziale copertura di attività
da completare entro il 31 dicembre 2019, con un’eventuale proroga di un anno.
Una condizione impossibile da rispettare: anche lanciando le gare oggi, i
lavori non potranno essere completati entro tale data. Il governo sta facendo
una corsa per salvare qualcosa che non può essere salvato. Ma questo non è
l’unico elemento che viene omesso.
Dica
Non è possibile in questo momento lanciare quelle gare rispettando gli accordi
internazionali. Servono passaggi preliminari che non sono stati fatti:
nell’accordo siglato tra Italia e Francia il 30 gennaio 2012 articolo 16 si
legge: «La condizione preliminare per l’avvio dei lavori sulla sezione
transfrontaliera è la disponibilità del finanziamento». Per far partire gli scavi
del tunnel è necessario avere a disposizione tutti i soldi, ovviamente su un
piano pluriennale, iscritti a bilancio. Lo Stato italiano lo ha fatto almeno in
parte: nella legge di stabilità del 2013, governo Monti, ha definito
l’approvvigionamento necessario per il tunnel di base. Così facendo l’Italia ha
messo a disposizione il 27% del costo totale opera pari a 9,63 miliardi di
euro. L’altra componente di disponibilità è quella che potrebbe arrivare
dall’Europa: ma di firmato, messo a disposizione è solo l’attuale programma
2014-2019, pari al 6% del costo dell’opera. Tutto il resto è un auspicio,
ipotesi, e non ha un riscontro concreto. La Francia non ha mai adottato alcun
provvedimento di legge atto a garantire nel suo bilancio dello Stato
l’approvvigionamento per i flussi necessari, su base pluriennale, per pagare il
tunnel di base. Totale 33%, manca il restante 67%: non si può procedere
all’avvio dei lavori.
L’analisi
costi benefici? Non ne parla più nessuno
Che piaccia o no siamo in presenza di un risultato che evidenzia uno svantaggio
notevolissimo: quando ci sono di mezzo svariati miliardi euro c’è poco da
discutere. Per di più è la stessa Unione europea che prevede che lo strumento
dell’analisi venga utilizzato dagli Stati per rivedere i programmi di investimento.
Gli
imprenditori, e il sindacato, fanno pressione affinché si faccia
Se i 300 milioni sono persi – altrettanti lo furono nel 2013 da Ltf revocati
dalla Commissione europea – questo non ha impedito l’avanzamento del programma.
Se continuano a pensare al tunnel di base nella migliore delle ipotesi, i
famosi treni pieni di merci passeranno tra quindici anni se va bene. Oggi, i
soldi persi potrebbero essere oggetto di una nuova contrattazione con l’Unione
europea affinché si possano usare come potenziamento della linea esistente,
dando un risultato a breve termine: credo che questo dovrebbe interessare il
mondo imprenditoriale e sindacale.
Il
governo potrebbe dar via libera ai bandi sostenendo che sono reversibili
Una storia priva di consistenza. Chi decide eventualmente di procedere a un
diritto di non assegnamento? Dovrebbero essere entrambi i governi: ovvero
impossibile, scenario irrealistico. Una favola alla quale non credono nemmeno
coloro che la raccontano.
Il
No al Tav potrebbe essere travolto da un referendum
Si può criticare il metodo e le ipotesi. Ma sarebbe molto curioso se uno studio
di carattere tecnico venisse sottoposto a referendum. E’ come sottoporre a
votazione la diagnosi di un medico.
Eppure
è in corso una battaglia politica senza precedenti tra M5s e Lega, forse
l’unica.
Gli Stati, Italia e Francia, non hanno i soldi per fare l’opera. Sono annunci e
contro annunci che non trovano riscontro, questa è la realtà.